Investigazioni aziendali Roma per concorrenza sleale
Investigazioni aziendali Roma per concorrenza sleale

Investigazioni per concorrenza sleale Roma

Il reato di concorrenza sleale è regolato dagli articoli 2598 e 2600 del Codice Civile. Il primo contempla tutti gli atti di concorrenza sleale non tipizzati, come avvalersi di ogni mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale per screditare un prodotto o un’azienda.

Il secondo articolo, invece, prevede che chiunque sia danneggiato da comportamenti di concorrenza sleale può chiedere il risarcimento del danno anche ricorrendo a verifiche e prove raccolte da agenzie di investigazioni private.

L’agenzia investigativa Marlock si occupa di raccogliere informazioni e prove atte a documentare in fase di giudizio la concorrenza sleale punibile a norma di legge.

Vengono, inoltre, condotte indagini investigative atte ad individuare comportamenti illeciti lesivi posti in essere dai concorrenti.

Investigazioni aziendali Roma per concorrenza sleale

Concorrenza sleale: quali sono gli atti che ne possono provarne l'esistenza?

Gli atti che segnalano una concorrenza sleale sono:

  • Uso di segni distintivi che producono confusione con i nomi o i loghi usati e registrati da altri;
  • Imitazione dei prodotti di un concorrente;
  • Diffusione di notizie con lo scopo di ledere la reputazione dei prodotti e dell’attività di un concorrente;
  • Atti di vanteria;
  • Storno dipendenti;
  • Boicottaggio;
  • Spionaggio;
  • Dumping.

Inoltre, atti di concorrenza sleale possono essere posti in essere anche dal dipendente sul quale incombe uno specifico obbligo di fedeltà ai sensi dell’art. 2105 c.c.

Tale articolo stabilisce che “il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore”. “Non si possono divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.

Il lavoratore, quindi, non può porre in essere condotte lesive degli interessi del datore di lavoro o atte a minare il rapporto di fiducia che sussiste tra le due parti.

La Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con sentenza n. 8131/2017, ha chiarito che l’obbligo di fedeltà previsto dall’articolo 2105 del codice civile.

Ovvero sancisce che l’obbligo di fedeltà deve intendersi come “divieto di abuso di posizione attuato attraverso azioni concorrenziali e/o violazioni di segreti produttivi o come divieto di condotte che siano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del dipendente nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o che creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della medesima o che siano, comunque, idonee a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto”.

Con la sentenza n. 3739/2017, la Cassazione ha inoltre stabilito che impossessarsi di documenti aziendali di natura riservata implica una grave violazione dell’obbligo di fedeltà.

 Anche nell’ipotesi in cui la divulgazione non avvenga poiché impedita dal tempestivo intervento del datore di lavoro.

Infatti, per la violazione dell’art. 2105 c.c. non è necessario che ricorrano tutti gli elementi della fattispecie, visto che l’obbligo di fedeltà deve essere integrato con i generali obblighi di correttezza e buona fede di cui agli art. 1175 e 1375 c.c.

Azioni simili danneggiano enormemente l’attività, oltre a provocare gravi perdite economiche, minano il vostro futuro e quello della vostra azienda.

Un colloquio approfondito con un investigatore privato esperto in investigazioni aziendali, permetterà di affrontare e risolvere con successo questi comportamenti concorrenziali scorretti.

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